Per fast fashion, in italiano moda veloce, si intende un settore dell’abbigliamento, nato intorno agli anni 80, che fa leva sulla quantità della produzione piuttosto che sulla qualità. Le aziende fast fashion, come Shein, Temu o H&M, producono in modo rapido ed economico, offrendo vestiti a prezzi bassi ed accessibili a tutti, ma da un grandissimo impatto ambientale. Fabbricare quantità eccessive di abbigliamento ed in tempi brevi tramite l’utilizzo di materiali economici è, infatti, un sistema pensato per non durare a lungo, che porta alla diffusione di una cultura usa e getta. Negli ultimi 20 anni la quantità di indumenti gettati via è raddoppiata. Questi scarti finiscono nelle discariche creando enormi quantità di rifiuti difficili da smaltire. Per risparmiare sulle spese, inoltre, queste aziende utilizzano fibre sintetiche, ossia costituite da fili di plastica, che finiscono per inquinare gravemente l’ambiente. Nel 2017 l’Unione Internazionale per la conservazione della natura ha ritenuto il lavaggio dei tessuti sintetici, come il poliestere, responabile del 35% di tutte le microplastiche presenti nell’acqua che, dunque, finiscono per inquinare gli oceani. L’industria della moda è, infatti, una delle più inquinanti, sebbene la maggior parte dei brand cerchi di dare un’immagine sostenibile dei prodotti finali. Oltre al poliestere, uno dei principali materiali utilizzati è il cotone che, pur non essendo di per sé inquinante, viene prodotto in considerevoli quantità, per soddisfare la velocità e la quantità della produzione. Per lavorare il cotone, infatti, le catene di abbigliamento low cost utilizzano ingenti quantità d’acqua e molti pesticidi. La coltivazione intensiva di cotone fine al fast fashion, perciò, contribuisce giorno per giorno ad incrementare il rischio di perenne siccità e disboscamenti, nonché a causare numerevoli problemi alla biodiversità e alla qualità del suolo. Anche la tintura dei capi è altamente dannosa per l’ambiente: ogni vestito viene immerso in un bagno di liquidi dove sono presenti dei coloranti. L’acqua rimanente e, dunque, inquinata, è poi difficile da recuperare e viene illegalmente scaricata nei fiumi, per poi essere utilizzata per innaffiare le piante e dissetare persone ed animali. La quantità di capi prodotta dal fast fashion è, sulla base di ciò, direttamente proporzionale alla quantità di danni ambientali che causa.
- Nadia Di Diodato