La Great Green Wall è uno dei progetti ambientali più ambiziosi al mondo, un’iniziativa che punta a trasformare il Sahel – una vasta regione arida a sud del Sahara molto vulnerabile al cambiamento climatico – in una cintura verde.
Lanciato nel 2007 dall’Unione Africana, il progetto coinvolge ben 22 Paesi e prevede la creazione di una fascia di vegetazione lunga oltre 8.000 km e larga 15 km, che attraverserà il continente africano da est a ovest, dal Senegal al Gibuti. L’obiettivo è rigenerare terre degradate, ridurre le emissioni di carbonio e migliorare le condizioni di vita di milioni di persone, offrendo nuove opportunità economiche e sociali.
La Great Green Wall non si limita alla piantumazione di alberi, ma adotta un approccio integrato per ripristinare gli ecosistemi e promuovere pratiche agricole sostenibili. Tra i benefici principali, oltre alla riduzione della desertificazione e la resilienza climatica, l’empowerment delle comunità. Come? Mediante la creazione di nuovi posti di lavoro e maggior accesso a risorse naturali.
Attualmente, il progetto si trova a dover affrontare alcune sfide, tra cui la mancanza di fondi e l’instabilità politica in alcune aree del Sahel. Tuttavia, cominciano ad emergere i primi successi tangibili: sono stati già creati 3 milioni di posti di lavoro e ripristinati 30 milioni di ettari di terre degradate. Nel giugno 2024 è stato lanciato un osservatorio digitale per monitorare i progressi del progetto, con l’obiettivo di migliorare il coordinamento e l’efficacia delle iniziative in corso.
L’ambizione della Great Green Wall va oltre i confini del Sahel. In Asia centrale, si lavora per frenare l’avanzata del deserto del Gobi, mentre in Sud America iniziative simili puntano alla rigenerazione della foresta atlantica.
La Grande Muraglia Verde è dunque un laboratorio vivente di pratiche replicabili ovunque il cambiamento climatico minacci la sopravvivenza delle persone e della natura. Ripristinare ecosistemi degradati non solo è possibile, ma indispensabile per garantire un futuro alle aree del pianeta maggiormente vulnerabili.
- Mariarita Persichetti