La perdita della biodiversità è tra le sfide più urgenti che ci troviamo ad
affrontare oggi, soprattutto in Italia, considerata tra i Paesi con più specie
vegetali a rischio estinzione. In questo contesto spicca l’importanza delle
banche di semi, “archivi viventi” che preservano la diversità genetica
e contribuiscono alla sicurezza alimentare globale.
A partire dai primi anni duemila, le banche di semi si sono diffuse in tutto
il mondo. Gestite da enti governativi, Ong, istituti di ricerca e università,
spesso il loro compito va oltre la semplice conservazione: agiscono come
hub per lo scambio internazionale di semi, facilitano la distribuzione
di varietà vegetali preziose ad agricoltori e aziende e svolgono un ruolo
cruciale nel miglioramento delle colture, rendendole più resilienti al
cambiamento climatico.
La Millennium Seed Bank nel Regno Unito è considerata la principale
perché conserva 40.000 specie per un totale di 2 miliardi di campioni. La
Svalbard Global Seed Vault in Norvegia, invece, funge da deposito di
sicurezza che custodisce parte dei campioni delle varie banche al fine di
garantire la conservazione contro perdite accidentali. Nel 2005 in Italia è
stata istituita RIBES, la “Rete Italiana Banche del Germoplasma”, che
riunisce 17 istituzioni sparse lungo lo stivale, dalla Valle d’Aosta alla
Sicilia.
Molte banche di semi ricevono finanziamenti dai governi, ma anche da
privati interessati a investire nella conservazione della biodiversità
vegetale. Solo in pochi casi riescono ad autofinanziarsi attraverso la
vendita. Spesso, infatti, i semi sono distribuiti a titolo gratuito per scopi di
ricerca o conservazione.
Per garantire il successo delle banche di semi è essenziale aumentare gli
investimenti e promuovere una maggiore collaborazione internazionale
nell’accesso e nella condivisione delle risorse genetiche delle specie. Solo
attraverso un impegno condiviso e coordinato sarà possibile
preservare la biodiversità vegetale e garantire la sicurezza alimentare per
le generazioni future.